È buona norma che quando ci si appresta a fare un programma/progetto si parta da una analisi precisa e approfondita dei punti di forza e di debolezza dello stato dell’arte in modo da individuarne puntualmente i bisogni per poi indicare le specifiche misure preventive/correttive  che si devono ed intendono adottare valutandone altresì l’efficacia immediata ed le ricadute future.

Credo che in un passaggio fondamentale della vita di una Nazione, qual è una tornata elettorale, non si possa sfuggire a questa regola, ancor più se si attraversa un periodo particolarmente complesso e di grandi cambiamenti che, per effetto della globalizzazione, sfuggono al controllo della politica che precedentemente, comunque e/o inconsciamente, li ha  innescati (senza volerlo? per mancanza e capacità di analisi? per superficialità? o consapevolmente? il che sarebbe molto grave e perseguibile)  processi che ormai sembra abbiano una dinamica propria incontrollata e incontrollabile.

Credo che, proprio per la mancata applicazione della su citata prassi, da troppo tempo  Coloro che sono preposti al Governo della “res publica”  rincorrono i problemi e vanno a normare post quanto già accaduto.

Ed è per la stessa carenza che, ripetutamente in ogni tornata elettorale,  ci troviamo di fronte a proposte che non vanno alla radice del problema, sono assurdamente imprecise, senza analisi e, cosa ancor più preoccupante, senza la valutazione della loro applicabilità ed efficacia. Programmi che nella migliore delle ipotesi sembrano più che altro una lista di buone intenzioni, formulate da soggetti con poca memoria storica ed incapaci di una azione di progettazione e programmazione di ampio respiro.

Così è difficile vedere la luce!! Non vengono indicati gli obiettivi, cosa si vuol raggiungere ed in quanto tempo, se e a chi giova l’insieme delle proposte presentate, ammesso che abbiano un quadro d’insieme. Qual è in sostanza il modello di Paese che vogliono realizzare e lasciare in eredità?

E dire che non serve un grande sforzo per reperire materiale di analisi ed indagine dal quale tirare le conclusioni e tracciare il percorso. Con gli strumenti a disposizione, con la capacità di misurare e valutare tutto in tempo reale, con indicatori universalmente riconosciuti che permettono di classificare -in tutti i campi- lo stato di un Paese, con la valanga di studi specializzati con cui i media ci sommergono quotidianamente, come è possibile che dai più riceviamo un insieme di proposte superficiali, imprecise e non aderenti alla realtà?

E’ mai possibile che tutto questo materiale sia e debba essere oggetto e materia esclusiva di salotti, talk show, riviste specializzate? Ad uso e consumo di esperti e di professionisti della parola?

Proviamo invece a farne buon uso, cominciamo col chiederci : gli altri cosa dicono di noi? Come veniamo percepiti? che grado di affidabilità diamo? quale livello di appetibilità abbiamo? noi stessi cosa diciamo? quale percezione abbiamo dello Stato? nel comune sentire quale è il livello di soddisfazione che riscontriamo?

Le risposte non sono certo soddisfacenti, ne viene fuori un quadro a tinte cupe, gli indici sono o tendono tutti verso il segno negativo. Certo non mancano livelli di eccellenza e la maggioranza dei cittadini esprime valori positivi e vive nella norma ma è talmente alta e diffusa la illegalità, in tutti i suoi aspetti, da inficiare complessivamente la percezione e l’essere del Paese.

L’assurdo, il non senso, è che l’Italia è la Patria del “Diritto”, è la culla della Civiltà moderna ma, sinceramente, possiamo dire che -nel quotidiano- viviamo in uno stato di Diritto? che il Diritto è motore e timone del Paese?

Sotto il profilo normativo e formale lo è, e tale lo si percepisce  fintanto che la nostra vita si svolge nella normalità e non abbisogna di nulla che abbia a che vedere con la necessità di “ricorrere al Diritto”. Se si ha questa necessità  è molto facile toccare con mano come ci sia uno scostamento tra la “Carta” e la “Realtà” , che quest’ultima  è  regolata innanzitutto e soprattutto dalle “relazioni interpersonali”.

Quando serve non si ha affatto la percezione che il rapporto Cittadini / Pubblica Amministrazione si svolga nell’ambito del Diritto, che trattasi di attesa del proprio turno in un centro analisi piuttosto che un appuntamento per visita specialistica o ancora per una qualsiasi pratica presso un ufficio tecnico di un Ente o anche una pratica di mutuo e così via.

Chi poi non ha avuto modo di vedere o toccare con mano che molto spesso non è il Merito a determinare l’ingresso nel mondo del Lavoro così come  le progressioni di carriera!!

La percezione della mancanza del Diritto ha, purtroppo, ricadute pesanti e diffuse. Genera ad esempio  una percezione negativa del Dovere fino al punto da far ritenere motivata e giustificata la disobbedienza in tutti i campi e in tutte le manifestazioni del vivere quotidiano, dal rispetto della “cosa pubblica” al rispetto delle regole della convivenza civile per finire con il commettere atti penalmente perseguibili in campo fiscale, patrimoniale e contro la persona. Si è generato un meccanismo perverso per cui il Dovere non è più percepito nel suo aspetto vero e positivo di garante dei diritti di tutti, si è dissolto il concetto che il mio diritto diventa dovere lì dove inizia il diritto altrui. Oggi spesso e volentieri l’inizio di un sopruso, una prevaricazione, un reato è preceduto dalla frase “è un mio diritto”, “ho il diritto di……”.

Se quanto sopra è vero, è pretendere troppo chiedere a quelli che si propongono di governare questo Paese di analizzare questo malessere, le cause ed individuare le misure correttive?

È chiedere troppo che, prima di sparare a caso ricette fiscali e non, si adoperino innanzitutto a che

– questo Paese rimetta il Diritto al primo posto del suo essere e del suo vivere quotidiano;

– sia il Merito a governare tutte le relazioni;

– l’interesse comune/generale abbia la priorità sugli interessi personali;

– si mettano in moto meccanismi per i quali i Cittadini si riappropriano del senso dello Stato e delle Istituzioni;

– il rapporto con la Pubblica Amministrazione sia semplice e lineare, liberato dal tutta questa burocrazia sovrapposta/incrociata e ridondante;

– tutti tornino a sentire il bisogno di curare e protegge il nostro immenso Patrimonio artistico culturale ed ambientale di cui siamo custodi e non proprietari:

– tutti nel quotidiano pongano cura ed attenzione a quanto li circonda;

– tutti sentano il bisogno di rispettare quotidianamente le norme del vivere civile;

– nel Paese tutte le leggi vengano rispettate con rigore, dove rigore non venga inteso come termine coercitivo ma indica semplicemente che è il “normale modus operandi” di tutti.

In sintesi che il nostro Paese sia e venga percepito come un Paese civile, ordinato, corretto,che funziona e che attrae persone e capitali.

Se così è, se queste sono le esigenze e gli obiettivi allora, cari candidati, mettetevi al lavoro, fateci sapere le vostre riflessioni, le  proposte e le azioni che intendete implementare per fare si che in questo Paese si stia bene non solo perché è Bello, perché si mangia bene e siamo cordiali ma anche perché tutto funziona e soddisfa a 360°.

Attendiamo risposte.

 

(Nella foto: Allegoria del Buon Governo, 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena)

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